La personalità si sviluppa in: maschera, maschera nuda e persona.
MASCHERA: totale identificazione con il ruolo con la costante ricerca del di più perché essa è costruita sul nulla, essa copre parti non accettate, ogni maschera ha un’ombra;
MASCHERA NUDA: capire di essere solo una maschera, i pensieri mutano e la coscienza si apre;
PERSONA: io integrato e consapevole, si libera della maschera e dell’ombra che ha determinato in noi l’esigenza di creare una maschera.
La società impone regole e ruoli all’uomo obbligandolo a diventare maschera e nascondendo la sua vera autenticità, e se l’uomo si toglie la maschera per diventare persona la società lo allontana: la comunità pensa che sia una forma di follia.
La Carriola è una novella di Pirandello scritta nel 1917. Essa narra di un avvocato che diventa maschera nuda riuscendo a guardare “da fuori” la propria vita. Si può rimanere in questa condizione oppure insistere a togliersi completamente la maschera (solo il personaggio di Uno, Nessuno e Centomila di Pirandello riuscirà a farcela).
Inizia con la consapevolezza di possedere una maschera, ad un tratto sente una distanza da sé, è insoddisfatto, stanco: sente che la vita sta scorrendo altrove. L’avvocato quando sta per entrare in casa e vede la targa di ottone che dovrebbe dirgli chi è, si accorge di non essere quella persona descritta né come lavoratore né come padre e marito, si chiede persino se i figli dentro quella casa siano i suoi. Avesse potuto egli avrebbe distrutto tutto. L’avvocato capisce di essere una maschera e si ferma, successivamente rientra nella sua vita, ma con questa consapevolezza che non può essere persa, diventando quindi maschera nuda, si identifica parzialmente, sa di essere un personaggio. Si prende però una libertà: in ufficio quando è da solo fa “la carriola” con la cagnolina, per avere la libertà di essere diverso da come gli altri lo pensano, questa azione lo libera temporaneamente dalla sua tensione.
Sei personaggi in cerca d'autore è il dramma più famoso di Pirandello, rappresentato per la prima volta nel 1921. Gli spettatori entrano in sala e trovano il sipario alzato e il palcoscenico senza scena. Successivamente entra un macchinista che incomincia ad inchiodare delle assi, ma il direttore di scena lo allontana perché gli attori devono provare una nuova commedia: "Il giuoco di Pirandello". Gli attori entrano in scena e chiacchierano fra di loro, così inizia la prova che viene però interrotta da una discussione fra il capocomico e il primo attore che trova ridicolo dover impersonare Leone Gala mentre sbatte le uova.
Gli spettatori hanno l’impressione di assistere alle prove della commedia e non allo spettacolo: il sipario doveva separare la platea, la realtà in cui vive lo spettatore, dal palcoscenico, la finzione teatrale in cui vive il personaggio. Secondo Pirandello niente è reale e tutti, compresi gli spettatori, recitano poiché non è presente il sipario e il palcoscenico è senza scena.
Entrano poi in sala sei figure portanti maschere e vestendo abiti con stoffe speciali con pieghe rigide: essi sono stati concepiti dalla mente di un autore e quindi sono creature vive e indipendenti da chi le ha create. Anche se l’autore non ha scritto il loro dramma essi hanno bisogno di viverlo: chiedono alla compagnia se la loro vicenda può essere rappresentata a teatro dato che non è stata scritta dal drammaturgo, la proposta viene accettata. I personaggi in parte narrano il dramma e in parte lo rivivono ridando vita ai conflitti che li dividono, in questo modo il capocomico e il Padre ricavano un canovaccio con le azioni che gli attori dovranno interpretare. Durante la recita la Bambina muore annegata in una fontana finta e il Giovinetto si spara con una pistola: gli attori non riescono a capire queste morti reali, e i sei personaggi in questo trambusto spariscono. Sembrava tutto un incubo, ma successivamente ricompaiono i quattro personaggi, la Bambina e il Giovinetto sono realmente morti perché hanno vissuto realmente il loro dramma. Alla fine la Figliastra attraversa la platea per coinvolgere anche il pubblico, quindi la realtà: il dramma continua fuori dal teatro.
Questo dramma è un esempio di “teatro nel teatro”: durante una recita metterne in scena un’altra in modo tale che gli attori assistano alla seconda come se fossero degli spettatori. L’attore è spettatore, la sala fa parte del palcoscenico, allo stesso modo quindi lo spettatore può essere attore, sia nella finzione teatrale che nella vita. L’artista non crea i suoi personaggi, ma dà loro la possibilità di esistere, quindi questi sei personaggi sono già vivi prima di essere scritti.
Incomunicabilità: ognuno di noi ha una visione soggettiva che gli altri non sanno, per cui nella visione che gli altri hanno di noi, noi non ci riconosciamo. I sei personaggi nella ricostruzione della vicenda litigano e hanno differenti versioni: essi non si sono mai capiti, nessuno conosce nessuno.
Inconsistenza dell’identità individuale: ognuno ha una molteplice personalità.
La condanna a non poter essere altro che maschere: essendo le persone reali solamente proiezioni mentali delle illusioni proprie e delle aspettative altrui, sono come personaggi di finzione, questi ultimi però sono più reali avendo caratteri propri. Vissuta dall’interno la finzione delle persone è realtà: tutto è finzione ma ognuno interpreta il proprio ruolo. I personaggi sono più reali delle persone in quanto essi sono statici mentre le persone mutano in continuazione.