Il medico della peste

La maschera indossata dai medici della peste fu inventata dal dottor Charles De Lorme durante la pestilenza del 1630 a Venezia per proteggere dall’epidemia. Essa presenta un becco da uccello con all’interno essenze mediche, guanti, occhiali, una lunga tunica di lino e una bacchetta. Questa maschera sembra quasi un’armatura: la veste di lino arrivava fino ai piedi, le mani e la testa sono completamente coperti da guanti e cappello, il becco conteneva erbe profumate e una spugna bagnata di aceto per purificare l’aria, infatti si pensava che la malattia fosse colpa dell’aria malsana, quindi erbe e sostanze balsamiche potevano salvare i medici della peste. Non esisteva cura per questa malattia, le cause furono scoperte solamente nel XIX secolo, non si era a conoscenza che la malnutrizione e le scarse condizione igieniche potessero favorire il propagarsi dell’epidemia.

Alvise Zen, un medico della peste, scrisse qualche anno dopo l’epidemia del 1630: "Per secoli non ci fu calamità più spaventosa della peste. Il morbo veniva dall'Oriente e dunque tutte le strade del commercio, che era per Venezia la principale fonte di ricchezza, si trasformarono in vie di contagio.(...)La Repubblica approntò subito una serie di provvedimenti per arginare l'epidemia: furono nominati delegati per controllare la pulizia delle case, vietare la vendita di alimenti pericolosi, chiudere i luoghi pubblici, perfino le chiese. I detenuti vennero arruolati come "pizzegamorti" o monatti. Potevamo circolare liberamente solo noi medici. Gli infermieri e i becchini dovevano portare segni distintivi visibili anche da lontano; noi indossavamo una lunga veste chiusa, guanti, stivaloni e ci coprivamo il volto con una maschera dal naso lungo e adunco e occhialoni che ci conferivano un aspetto spaventevole. Alzavamo le vesti dei malati con un lungo bastone e operavamo i bubboni con bisturi lunghi come pertiche."

Questa maschera oltre ad avere uno scopo pratico, porta anche all’annullamento dell’identità: i medici della peste perdono la propria identità diventando tutti uguali.