Armi nucleari

Storia

Progetto Manhattan

Edward Teller

Edward Teller

Leo Szilard

Leo Szilard

Alla base della ricerca sulle tecnologie atomiche, diventata significativa a partire dagli anni ’40 del 1900, ci fu la preoccupazione di alcuni scienziati che le recenti scoperte ottenute da parte di scienziati tedeschi nella fisica nucleare avrebbero potuto portare la Germania allo sviluppo di armi atomiche. In particolare furono due fisici ebrei ungheresi scappati dalle persecuzioni razziali, Leo Szilard
fu il primo fisico a teorizzare la possibilità di una reazione a catena di fissioni nucleari in grado di autosostenersi
ed Edward Teller
diventerà poi uno degli ideatori del modello Teller-Ulam delle bombe termonucleari
, a diffondere questa preoccupazione scrivendo nel 1939, con la collaborazione di Albert Einstein, una lettera al presidente americano Franklin Delano Roosevelt in cui lo avvertivano di questo pericolo. Successivamente, ad Einstein, non fu concesso di lavorare al progetto e fu anche vietato agli altri fisici di consultarsi con lui in quanto, avendo un orientamento politico fortemente di sinistra, venne considerato un rischio per la sicurezza del progetto stesso. Nonostante ciò egli non avrebbe probabilmente aderito in quanto successivamente si pentì di aver scritto questa lettera.
In realtà il pericolo fu sopravvalutato in quanto la Germania non aveva compreso come l’energia nucleare potesse essere usata a fini bellici e le “armi segrete” che il nazismo affermava di avere si rivelarono poi essere una nuova tipologia di missile, il V2, avente traiettoria sub-orbitale
traiettoria che esce dall’atmosfera per poi rientrarci prima aver compiuto un’intera orbita
riuscendo così a colpire bersagli a lunga distanza. Il motivo di ciò può essere rintracciato nel fatto che molti scienziati e fisici ebrei furono costretti dalle leggi razziali a scappare all’estero, ma un altro motivo potrebbe essere dato dai boicottaggi volontari ai loro stessi esperimenti che alcuni scienziati tedeschi sostennero di aver messo in atto per impedire alla Germania di sviluppare una bomba atomica.

Dopo che Roosevelt ricevette la lettera si mostrò interessato a svolgere ricerche nell’ambito del nucleare ma in un primo momento non si fecero passi concreti verso la realizzazione di una bomba atomica in quanto una reazione a catena dell’238U era improbabile e inoltre la massa critica necessaria si era rivelata troppo grande per essere utilizzabile in una bomba. Un primo progresso fu realizzato nel 1940 grazie a due fisici tedeschi rifugiatisi in Gran Bretagna, Otto Frisch e Rudolf Peierls, che dimostrarono la possibilità di separare l’235U dall’isotopo 238U diminuendo drasticamente in questo modo la massa critica necessaria.

Enrico Fermi

Enrico Fermi

Chicago Pile 1

Nel 1941 con l’entrata in guerra dell’America, in seguito all’attacco giapponese di Pearl Harbor del 7 dicembre del 1941, gli sforzi nella realizzazione di una bomba atomica si intensificarono. Furono costruiti numerosi laboratori di ricerca come quello di Chicago o come quello di Los Alamos, dove saranno progettate le bombe “Little Boy” e “Fat Man”, e impianti di arricchimento dell’uranio come quello ad Oak Ridge. Si iniziò anche a ricercare il plutonio (239Pu), prodotto dalle reazioni di fissione dell’uranio, come materiale fissile per una bomba. La produzione di plutonio fu assegnata all’impianto di Hanford. Il progetto fu nominato nel 1942 come “Sviluppo di materiali sostituitivi” ma fu anche soprannominato “Progetto Manhattan” dalla sede della base operativa, nome con il quale successivamente venne conosciuto. La direzione del settore scientifico del progetto fu affidata al fisico Robert Oppenheimer, il quale aveva già precedentemente contribuito allo studio sulle reazioni a catena della fissione ed in particolare allo studio dei neutroni veloci. Una svolta nel progetto si ebbe il 2 dicembre 1942 quando Enrico Fermi, uno dei più importanti fisici italiani che partecipavano al progetto, creò la prima reazione di fissione nucleare auto-sostenibile e controllata, con il reattore “Chigago Pile 1”. Il presidente Roosevelt fu avvisato del successo attraverso il seguente messaggio in codice:

“The italian navigator has just landed in the new world”

Il 16 luglio 1945 fu condotto il primo test nucleare, il Trinity test, ad Alamogordo in New Mexico. La bomba, con nome in codice “The Gadget”, utilizzava come materiale fissile il plutonio e sprigionò tra i 15 e i 20 chilotoni. Fino a circa 700 metri di distanza la sabbia che formava il deserto si fuse trasformandosi in trinitite, un vetro verde chiaro leggermente radioattivo che prese il nome da questo test. Successivamente furono create le bombe “Little Boy”, una bomba ad uranio con assemblaggio a pistola (a detonazione balistica), e “Fat Man”, una bomba al plutonio ad implosione.

Bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki

Hiroshima dopo l'attacco

Hiroshima dopo l'esplosione della bomba

Nagasaki dopo l'attacco

Nagasaki dopo l'attacco

Con la sconfitta della Germania, che firmò il 7 maggio 1945 la resa incondizionata, la giustificazione ideologica del progetto Manhattan cessò di esistere e i primi dubbi iniziarono a diffondersi tra gli scienziati. Nonostante ciò, in seguito alla Dichiarazione di Potsdam del 26 luglio 1945 in cui il presidente americano Harry Truman minacciava il Giappone di una “rapida e totale distruzione” in caso di resistenza, il 6 agosto 1945 “Little Boy” fu fatta esplodere ad Hiroshima dove causò più di 70 mila vittime mentre “Fat Man” fu sganciata sulla città di Nagasaki il 9 agosto 1945 causando anche qui tra le 60 mila e le 80 mila vittime, pur non essendo stata sganciata nel punto previsto limitando così in parte gli effetti. Il numero delle vittime però risultò essere di gran lunga maggiore se si considerano le persone morte in seguito all’esplosione principalmente a causa dell’esposizione alle radiazioni. In contemporanea a questi due attacchi l’URSS invase il Giappone il quale pochi giorni dopo, il 15 agosto 1945, annunciò la resa che fu firmata il 2 settembre ponendo così fine alla Seconda Guerra Mondiale sul fronte asiatico.




Negli anni successivi iniziò un dibattito, che continua ancora oggi, da cui emersero due posizioni: quella tradizionalista e quella revisionista. La prima ritiene che le bombe furono necessarie per porre fine alla guerra ed evitare così ulteriori vittime, il cui numero sarebbe stato maggiore di quello causato dalle bombe, sia tra gli americani che tra i giapponesi. Ad avvalorare questa tesi ci sono vari fattori. Uno di essi consiste nel fatto che gli americani avevano già effettuato numerosi bombardamenti, come quello che, tra il 9 e il 10 marzo 1945, aveva colpito la città di Tokyo e causato molte più morti delle due bombe (più di 100 mila). Pertanto se la guerra fosse continuata il numero delle vittime sarebbe risultato superiore. Inoltre questo numero sarebbe stato accresciuto, in entrambi gli schieramenti, anche dall’invasione, già progettata dagli Stati Uniti per porre fine alla resistenza giapponese. La seconda ritiene invece che le bombe non erano necessarie in quanto esse servirono come dimostrazione di potenza da parte degli Stati Uniti nei confronti dell’URSS, che non era dotata di queste tecnologie. Questa teoria appare ancora più accreditata se si pensa che l’annuncio degli attacchi al Giappone fu fatto durante la Conferenza di Potsdam nella quale l’URSS riuscì a mantenere il controllo della Polonia seppur contro la volontà degli Stati Uniti e dell’Inghilterra. La teoria revisionista ritiene inoltre che il Giappone fosse pronto ad arrendersi ma che continuasse a resistere per ottenere una posizione vantaggiosa nella resa, che gli avrebbe consentito di mantenere la figura dell’imperatore come una figura che affiancasse quelle costituzionali, e che sia stata l’invasione dell’URSS a determinare maggiormente la resa del Giappone piuttosto che le due bombe. Entrambe queste posizioni presentano però delle problematiche. Per quanto riguarda quella tradizionalista l’invasione avrebbe dovuto iniziare alcuni mesi dopo lo sgancio delle due bombe quindi la guerra sarebbe potuta terminare anche in altri modi. Per quanto riguarda la seconda teoria invece non si hanno prove che i giapponesi fossero pronti ad arrendersi come essa sostiene e tantomeno che avrebbero accettato di cambiare il ruolo e i poteri dell’imperatore riducendolo ad una semplice figura costituzionale.

Guerra fredda

Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale a partire dal 1947 iniziò un periodo che venne definito come “guerra fredda”. Questo periodo fu caratterizzato dalla competizione su diversi piani, da quello ideologico a quello tecnologico scientifico, ma mai sul piano militare (almeno non direttamente), delle due grandi potenze emerse dalla Seconda Guerra Mondiale: gli Stati Uniti e l’URSS. Ovviamente questa competizione non poteva che comprendere lo sviluppo delle armi nucleari, delle quali l’URSS si dotò nel 1949 quando svolse il suo primo test nucleare il 29 agosto. Iniziò così quel fenomeno che passò alla storia come la “corsa agli armamenti” in cui inizialmente le due superpotenze, ma successivamente anche altri stati, iniziarono a produrre in massa dispositivi nucleari. Le due superpotenze arrivarono a possedere un numero talmente alto di bombe (verso la fine della guerra fredda entrambe possedevano più di 30'000 testate ciascuna) da instaurare una situazione di equilibrio: era impossibile sferrare un primo attacco senza precludere al nemico la possibilità di lanciare un contrattacco, che avrebbe inflitto dei danni insostenibili, poiché le due potenze avevano il potenziale per distruggersi a vicenda.

Grafico test nucleari

Basandosi su questo concetto, che venne definito come MAD (Mutal Assured Destruction), le armi nucleari acquisirono un ruolo molto importante nella politica estera garantendo gli equilibri internazionali e paradossalmente la pace. In questo periodo fu anche testata la prima bomba H da parte degli Stati Uniti nel 1952, mentre l’URSS la realizzò qualche mese dopo nel 1953. In questi anni furono condotti più di 2000 test nucleari principalmente da parte degli americani e dei russi e in piccola parte anche da paesi come la Gran Bretagna, la Francia e la Cina.

Il seguente video riporta tutte le esplosioni nucleari dal 1945 fino al 2009.

Scala di alcune esplosioni nucleari

Fu in questo periodo che nel 1961 sull’isola NovajaZemlja l’URSS fece esplodere in un test nucleare la più potente bomba mai realizzata dall’uomo: la “TsarBomb”. Essa era una bomba termonucleare a idrogeno che si pensa fosse a tre stadi. Si stimava che la bomba avrebbe potuto sprigionare una potenza di 100 megatoni ma avrebbe causato un fallout nucleare eccessivo e l’aereo che l’avrebbe sganciata non avrebbe avuto tempo di allontanarsi a sufficienza. Fu usato quindi un tamper di piombo e non di uranio per diminuirne la potenza, che fu di 50 megatoni. La distanza entro la quale furono avvertiti gli effetti fu enorme: l’onda d’urto fu avvertita fino a 700 km di distanza e le finestre delle case si danneggiarono fino a 900 km di distanza; tutti gli edifici entro 55 km furono annientati ma quelli in legno subirono danni anche a più di 900 km, fino in Finlandia. Il fungo atomico era alto 64 km e la sua larghezza massima era di 95 km.


Numerosi accordi sono stati stipulati tra le due superpotenze per la riduzione degli armamenti nucleari. Due trattati importanti furono il PTBT (Partial Test BanTreaty) o Bando parziale dei test nucleari del 1963, che confinò gli esperimenti nucleari al sottosuolo, e l’NPT (Non-ProliferationTreaty) o Trattato di non proliferazione nucleare del 1968, nel quale gli stati aderenti si prendevano la responsabilità di ridurre il loro arsenale atomico, mentre gli stati che non si erano ancora dotati di armi nucleari si impegnavano a non procurarsele. Esso consentiva inoltre ai firmatari solo un uso pacifico, sotto tutela, delle tecnologie nucleari.

La situazione attuale

Attualmente i paesi che hanno dichiarato di possedere armamenti nucleari sono otto: Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Francia, Cina, Pakistan, India, Corea del Nord (la quale è stata la più recente a nuclearizzarsi con il suo primo test nucleare svolto nel 2006). Israele non ha mai né confermato né smentito di possedere delle armi nucleari ma si sospetta che ne sia in possesso. Anche l’Iran è stato sospettato di sviluppare tecnologie nucleari. A questi paesi se ne possono aggiungere altri cinque facenti parte del programma di condivisione nucleare della NATO: Belgio, Germania, Paesi Bassi, Turchia e Italia. Caso particolare è l’Italia in quanto è il paese che ospita il maggior numero di armamenti atomici americani (poiché gli ordigni della condivisione nucleare della NATO sono stati forniti dagli Stati Uniti) in tutta Europa. Si stima che siano presenti tra i cinquanta e i settanta ordigni nucleari ripartiti tra la base militare di Aviano e quella di Ghedi. Al giorno d’oggi gli unici paesi che hanno rinunciato volontariamente alle armi nucleari sono il Sudafrica, l’Ucraina, la Bielorussia e il Kazakistan.

Stati nucleari nel mondo

(Effetti)

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(Conclusione)

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